La psicosi maniaco-depressiva è una malattia caratterizzata da periodi di depressione alternati a periodi di forte esaltamento.
È una malattia mentale endogena, spesso ereditaria, nella quale il disturbo primario, fondamentale, consiste in un’alterazione dell’affettività che varia tra i due poli estremi dell’allegria e della tristezza.
Questa malattia è caratterizzata da episodi di depressione dell’umore (melanconia) e da episodi di esaltamento dell’umore (mania). Nei casi tipici questi episodi si alternano secondo un ritmo regolare, separati da intervalli di completa normalità.
Cosa si intende esattamente per mania? Questo termine ha, in questo caso, un significato ben preciso e completamente diverso da quello che gli si attribuisce nel linguaggio comune (di solito viene infatti utilizzato per indicare le esagerazioni di certe tendenze volontarie: la mania del lavoro, la mania dell’ordine, ecc.) o come sinonimo di fissazione. Nella mania, l’esaltazione del tono dell’umore bel senso dell’euforia si accompagna a uno stato di eccitamento di tutte le attività psichiche e a una spiccata irrequietezza motoria.
La psicosi maniaco-depressiva è definita endogena (dal greco endon = dentro, e ghenos = generato) ad indicare che si tratta di una psicosi legata a fattori interni all’organismo stesso, a processi cioè che si svolgono primitivamente nel substrato materiale della psiche. In questo caso il concetto di endogeno si contrappone a quello di esogeno (dal greco exo = fuori), con il quale si fa invece riferimento a fattori provenienti dall’esterno, vale a dire al di fuori del sistema nervoso.
Molto spesso l’eccesso melanconico, o più raramente quello maniacale, sembrano essere scatenati da circostanze particolari: emozioni violente, disturbi somatici, ecc. Non si deve però pensare che la malattia sia causata da questi speciali eventi ma, semplicemente, che essi possono favorire il suo manifestarsi, creando delle condizioni particolarmente adatte al suo sviluppo.
Ciò è dimostrato, tra l’altro, nella grande maggioranza dei casi, dall’assoluta sproporzione esistente fra la presunta causa determinante e disturbi accusati dal paziente, e inoltre dall’osservazione che questi seguono un andamento ciclico loro proprio, che non si saprebbe veramente come attribuire all’azione di un avvenimento esterno antecedente, anche se importante per l’individuo sul piano emozionale.
In questo modo è possibile ribadire la natura endogena della malattia, la sua dipendenza cioè da fattori interni insiti nell’organismo, e non da cause esterne: queste ultime giocano solamente un ruolo secondario, in quanto non sono sufficienti da sole a provocare la psicosi; esse possono però facilitarne la comparsa e le manifestazioni ed anche influire, entro certi limiti, sull’andamento e sull’entità dei disturbi.
psicologo a Codogno, Piacenza e Lodi
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