Questa è la storia di due adulti, le cui vite, fino ad allora parallele, decisero di incrociarsi… fino ad ingarbugliarsi, senza che vi si trovasse più il bandolo della matassa.
L’inizio
Marina e Sergio lavoravano con le teste chine sui loro pc. Entrambi con quell’ardore tipico della giovane età, con quella voglia di vivere e di mordere la vita fino in fondo. Erano felici ed appagati. Nessuna nuvola sopra di loro. Tutto cominciò in un giorno d’estate.
Sergio per la prima volta alzò lo sguardo dal monitor ed incrociò lo sguardo di Marina. Non si erano mai parlati prima, mai un cenno, mai un sorriso. Cosa successe in quel preciso istante neanche loro seppero spiegarlo, continuano solo a dire, ancora oggi dopo tanti anni, che sconvolse le loro esistenze.
Il prosieguo
Entrambi sposati, entrambi felici, decisero di annusarsi, di andare oltre quel limite che pensavano non avrebbero mai valicato. Non potevano farne a meno. Da perfetti sconosciuti diventarono amanti, di un amore travolgente, che riempiva i loro animi di emozioni mai provate. Si nutrivano di queste sensazioni, del suono del messaggio sul cellulare, dell’incontro fugace, della telefonata nascosta in bagno. Tutto sembrava perfetto, anche se perfetto non era. Marina voleva di più, voleva vivere appieno il loro amore, non voleva più accontentarsi. Il suo matrimonio andò in frantumi, si ritrovò sola con le sue ombre e le sue paure. Sergio non era accanto a lei, non poteva esserci, non voleva esserci. Marina provò a non pensarci, a rifarsi una vita, ma il suo cuore era sempre con lui. E quanto più si allontanava, tanto più lui la cercava e lei non riusciva a tirarsi indietro. Sapeva che era sbagliato per lei, sapeva che non la faceva stare bene, ma lo amava troppo per dirgli di no. Amava tutto di lui, il suo sorriso, il suo profumo, i suoi occhi… e per quanto la facesse soffrire aveva bisogno di lui. Passarono i mesi e gli anni, le loro vite erano sempre più distanti, ma allo stesso tempo vicinissime. Lontano nel mondo, ma vicine nel cuore.
La fine
Non c’è una fine… Si ama troppo, tanto che il bisogno dell’altro è un bisogno primario, come respirare… si rimane lì, senza futuro, nell’attesa di un momento felice, come se solo quell’attimo possa riempiere il vuoto cosmico che si è creato dentro la propria anima. Ma una fine non c’è.
Una storia d’amore molto intensa, ricca di emozioni e sensazioni, dove i due protagonisti sono accecati d’amore come nei versi di “Sei Bellissima” di Loredana Bertè, ma questa storia cela al suo interno un dilemma: “Dipendenza affettiva o Love Addiction” è un’espressione per descrive una persona che perde se stessa in un’altra e si lascia definire da tale individuo.
La dipendenza affettiva inizia, quindi, dove finisce la capacità di vivere il rapporto di coppia come un flusso costante tra momenti di separatezza e momenti di fusionalità, quando l’amore non è più fonte di arricchimento, ma compensazione di qualcosa che supplisce il senso di vuoto, le paure e/o i bisogni, rendendo, di conseguenza, il rapporto una situazione di limitazione reciproca. Quando si crea una dipendenza affettiva, l’amore non è più uno spazio di crescita in libertà per creare una nuova dimensione, ma uno spazio parassitario, inibito, dove si rimane sospesi in un limbo fatto di paure per il cambiamento.
Spesso chi si invischia in un legame di dipendenza ha un’autonomia più fragile, una svalutazione pervasiva del valore di sé, un bisogno continuo di conferme. Per dare risposta a queste necessità, si arriva alla frustrazione e alla delusione, che portano con sé i fantasmi della separazione e della solitudine. Pur di non sentirsi soli e dare un senso di completezza alla propria persona, ci si annulla, non si ascoltano più i propri bisogni, con la speranza che il nostro amore sarà in grado di cambiare l’altra persona e creare una coppia felice. In realtà si sperimentando poi forti vissuti di ansia e sensi di colpa, rabbia e frustrazione nel non vedere l’amore ricambiato.
“Non posso stare con te” – “non posso vive senza di te”: ecco il paradosso di questo tipo di amore, dove si finisce ad amare l’altro più di se stessi.
Quale emozione caratterizza maggiormente questo tipo di amore? La PAURA: paura di perdere l’amore, paura dell’abbandono, paura di mostrarsi per quello che si è, senso di colpa, senso di inferiorità, rabbia, gelosia e possessività.
Queste difficoltà si riscontrano principalmente in chi soffre di disturbo d’ansia di separazione, disturbo dipendente di personalità, disturbo narcisistico di personalità, disturbo borderline di personalità, depressione.
Perché questi legami non finiscono, se sono alimentati dalla paura? Perché in genere si sceglie un partner manipolatore, in grado di approfittare della dedizione e devozione dell’altro. Attraverso la tendenza a sminuire, criticare e/o umiliare l’altro, a raccontare bugie, a fare spesso la vittima colpevolizzando l’altro, ad essere aggressivo e geloso, costringendo il partener a lasciare le sue amicizie ed i suoi interessi si crea così il circolo vizioso che alimenta l’altalena emotiva che viene scambiata per amore.
Quando un soggetto con una dipendenza affettiva arriva in terapia, proprio per la sua grande sofferenza, si dovrà affrontare il senso di vuoto, di perdita di identità, i sentimenti di rabbia e frustrazione. Queste emozioni saranno la base per andare alla ricerca della propria autonomia e individualità, riscoprendo se stessi, capire cosa si sente e cosa si pensa, aprirsi a nuove possibilità di scelta, e sganciarsi dalle false illusioni di poter cambiare l’altro grazie all’amore o essere salvati dal super-eroe.