Grazie alla legge Cirinnà, sono state regolamentate, almeno in parte, le coppie di fatto, vale a dire le convivenze, non formalizzate da un matrimonio, fra due persone, anche dello stesso sesso. In caso di morte di uno dei due conviventi, la questione della successione è più complessa rispetto a una famiglia “normale”.
Per prima cosa è bene che la convivenza è giuridicamente rilevante quando riguarda due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia, e viene data dimostrazione di reciproca assistenza morale e materiale, coabitando ed avendo dimora abituale nello stesso comune. Fra i diritti riconosciuti grazie alla legge Cirinnà troviamo:
- diritti relativi alla sfera della tutela della persona, come il diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni in caso di ricovero,
- diritti relativi alla sfera patrimoniale, come il diritto alla partecipazione in un’azienda familiare, o il diritto agli alimenti in caso di separazione.
In caso di morte del compagno, cosa succede? Lo abbiamo chiesto a Walter Moladori, consulente finanziario.
In caso di morte del convivente proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni, tre in caso siano presenti figli minori o figli disabili del convivente superstite. Il massimo consentito è cinque anni, e il diritto di abitazione cessa se il convivente superstite smette di abitare stabilmente nella casa in questione, se si sposa o inizia un’altra convivenza. In caso la casa sia in affitto, il convivente superstite ha facoltà di succedergli nel contratt.
Escluso l’ambito abitativo, non vi sono riferimenti legislativi per i conviventi in merito alla successione patrimoniale, al contrario di quanto avviene per i coniugi. I conviventi, in caso di morte del compagno, possono ereditare solamente grazie a disposizioni testamentarie, altrimenti non è possibile vantare nessun diritto sui beni, che saranno ereditati dai parenti del defunto.
I conviventi, oltre a non poter contare sulla legittima, non hanno diritto ad alcuna agevolazione fiscale, tanto che eventuali donazioni o in disposizioni successorie in favore del convivente scontano ai sensi del T.U.S. l’aliquota nella misura massima, vale a dire l’8%, esattamente come per le liberalità tra estranei. I conviventi non beneficiano, inoltre, di alcuna franchigia. Tale franchigia invece si applica ai coniugi ed agli uniti civilmente.
Se la convivenza si trasforma in un’unione civile, il partecipe di una unione civile acquisisce la stessa posizione che nel matrimonio compete al coniuge superstite, acquisendo quindi lo status di successore legittimo e, quindi, il diritto a conseguire una quota dell’eredità e ad abitare vita natural durante nella casa già adibita a residenza dei componenti dell’unione civile. Allo stesso modo acquisisce il diritto di contestare le donazioni e le disposizioni testamentarie che non gli permettano di acquisire una quota del patrimonio del defunto risultante dalla somma di quello lasciato dal defunto alla sua morte e di quello che il defunto medesimo abbia fatto oggetto di donazione durante la sua vita.
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