Secondo un rapporto di Lancet Commission i disturbi mentali sono in crescita in tutti i Paesi del mondo e, se non si trova una soluzione, tra il 2010 e il 2030 potrebbero costare all’economia globale fino a 16 trilioni di dollari. Lo studio è stato stilato da 28 specialisti di psichiatria, sanità pubblica e neuroscienze, cui hanno collaborato anche associazioni di pazienti.
“I costi diretti dell’assistenza sanitaria, dei farmaci e di altre terapie rappresenteranno la quota minore della spesa. Molti di più saranno i costi indiretti, sotto forma di perdita di produttività e spesa per l’assistenza sociale, l’istruzione e l’ordine pubblico” dice Vikram Patel, coautore del report. “La situazione è grave. Il peso della malattia mentale è aumentato drammaticamente negli ultimi 25 anni; eppure nessun Paese investe abbastanza per affrontare il problema. Nessun’altra condizione di salute del genere umano è stata trascurata tanto quanto la salute mentale”.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che circa 300 milioni di persone in tutto il mondo soffrano di depressione e 50 milioni sviluppino una forma di demenza. La schizofrenia colpisce 23 milioni di persone e il disturbo bipolare circa 60 milioni.
Inoltre, secondo il rapporto di Lancet, in molti Paesi le persone con depressione, ansia e schizofrenia subisconogravi violazioni dei diritti umani e vengono incatenate, torturate e messe in carcere.
Tra le misure indicate per dare una svolta alla situazione, il report raccomanda il passaggio all’assistenza di comunità per i pazienti affetti da disturbi mentali, con trattamenti psicosociali come le terapie comunicative offerte non solo da professionisti del settore medico, ma anche da operatori sanitari di comunità, colleghi e insegnanti.
Fonte: Lancet Commission
Kate Kelland
Questi dati allarmanti, sia dal punto di vista della salute sociale che della spesa pubblica sono apparsi su “Lancet,” una delle più prestigiose riviste medico-scientifiche del pianeta, nell’ottobre scorso. Di questo drammatico scenario e sui possibili modi per affrontarlo abbiamo chiesto un parere al dott. Mauro Cucci, neuropsichiatra, psicoterapeuta, agopuntore, fitoterapeuta, omeopata.
Dott. Cucci, ha letto questo articolo su Lancet? Qual’è stata la sua prima impressione?
Purtroppo l’ho letto. Se i dati venissero confermati la situazione sarebbe drammatica a livello planetario. Nessun sistema sanitario al mondo potrebbe permettersi simili spese e nessuna società civile potrebbe sostenerne i costi sociali in termini di giornate perse, efficienza lavorativa e sicurezza sociale.
Ma come si è potuto arrivare a questo punto?
Paghiamo, nel mondo occidentale, ma anche nei paesi ad economia emergente, i repentini e scriteriati mutamenti dell’ambiente e degli stili di vita, sempre meno rispettosi della natura umana. A questo si aggiunge l’impotenza terapeutica, quasi mai risolutiva, e la sottovalutazione della salute mentale e di patologie come le sindromi ansiose e le depressioni, che sono sempre più diffuse, ma trattate, troppo spesso con superficialità e, purtroppo, frequentemente, anche con un livello insufficiente di competenza.
Sta per caso lanciando un anatema contro gli psicofarmaci?
Assolutamente no!! Questa categoria di farmaci è utilissima per combattere questi tipi di disturbi, ma deve essere usata con accortezza, competenza ed avendo ben presente quelli che sono i suoi effetti collaterali.
Si spieghi meglio
Ormai la neurofisiologia ha raggiunto eccellenti livelli di conoscenza rispetto agli squilibri presenti in queste malattie, ma la chimica spiega solo in parte il problema. Quando si parla di “mente”, si disquisisce di un sistema relazionale in cui il buon equilibrio, la buona salute, è il prodotto della relazione tra ciò che ci succede dentro, la biochimica, e ciò che da fuori, gli stimoli ambientali ed emotivi, stimola il nostro mente-corpo. Il problema della salute mentale non può essere affrontato solamente in ambito farmacologico. E’ tutta la vita della persona che deve essere presa in considerazione, ma gli attuali operatori sanitari sono poco formati sull’argomento ed i mezzi a disposizione sono lontani anni luce dall’essere efficienti sia per qualità che per quantità. Questa è una delle ragioni per cui l’unica, o quasi, arma in mano all’operatore sanitario sono diventati gli psicofarmaci. Efficaci , quando va bene, per ridurre i sintomi, ma carichi di effetti collaterali e forieri di pericolose dipendenze.
Esistono altre metodiche che siano ugualmente efficaci, ma prive degli effetti collaterali a cui accennava?
Ribadito che l’intervento farmacologico, da solo, non basta, attualmente, a disposizione degli operatori sanitari esistono altri strumenti che, a parità di efficacia, non danno problemi di assuefazione e dipendenza. Le Medicine non Convenzionali hanno ormai ampiamente dimostrato di la loro utilità nell’affrontare queste patologie. L’Agopuntura, ad esempio, rappresenta un presidio terapeutico efficacissimo ed estremamente sicuro per la cura delle Sindromi ansiose, le depressioni, le insonnie. La Fitoterapia, se usata con accortezza e sotto prescrizione e controllo medico, è altrettanto utile e priva di effetti collaterali e fenomeni di assuefazione e dipendenza. Spesso è l’impiego contemporaneo di queste 2 metodiche a costituire il protocollo di intervento migliore. Naturalmente l’auto-prescrizione è sempre da evitare. Occorre sempre , rivolgersi a personale medico formato e qualificato iscritto nei registri nazionali istituiti presso gli Ordini dei Medici e aperti alla consultazione pubblica.
La maggioranza di pazienti però, attualmente, arriva dal Medico non convenzionale quando già sta assumendo psicofarmaci e, magari, proprio perché, pur se ancora sofferente, vuole smettere di prenderli. In questo caso cosa può fare questo medico?
L’introduzione di pratiche non convenzionali può essere un validissimo strumento per portare il paziente ad uscire dalla dipendenza da psicofarmaci, ottenendo anche il vantaggio di lenire le sue sofferenze rispetto ai disturbi mentali.