Magri, grassi, alti o bassi, bruni o biondi, tutti noi continuiamo a guardare “accigliati” le etichette dei nuovi biscotti per controllare quante calorie contengono.
Che dire, poi, di quel fantastico tiramisù che con la sua crema morbida ricoperta di cacao, ci invita ad affondare il cucchiaino e che rifiutiamo sistematicamente. “Sei tutto una caloria!”
Questa parola ormai fa parte del nostro DNA, incorporata nei nostri geni. Rappresenta la seconda parola che pronunciamo dopo mamma, quella che continuiamo a ripetere come un mantra, di fronte ad ogni alimento che incontriamo sulla nostra strada.
Sì perché dal numero di calorie che appare sull’etichetta possiamo già prevedere quei fastidiosi rotolini che cominceranno a svilupparsi intorno alla vita rendendola meno snella ma, anche, calcolare quanto esercizio fisico, dovremmo fare per “bruciarle” tutte e quindi non ingrassare.
Tanti Archimedi che con le loro piccole bilance, soppesano, calcolano, dividono, moltiplicano e poi,preparano la misera porzione di cibo scondita con aria vittoriosa.
Peccato che l’umore peggiori sensibilmente e la bilancia non mostri il nostro stesso entusiasmo.
Come mai?
La storia della Caloria.
È il presupposto da cui partiamo che contiene l’errore, quello delle famigerate calorie.
Esse, infatti, non comunicano alcuna informazione utile ai fini di un’alimentazione corretta o che ci aiuti a perdere quei chili che ci infastidiscono.
Le Calorie tanto amate o tanto odiate ma comunque di cui tutti parliamo sono l’unità di misura dell’energia termica.
Furono introdotte ben 170 anni fa da Joule quando, con i suoi esperimenti in campo fisico, poneva le basi per la prima legge della termodinamica.
La caloria misura la quantità di calore che serve per innalzare di un grado la temperatura di un litro di acqua.
Quarant’anni più tardi, un chimico americano, applicò questo principio di termodinamica ai cibi misurando la quantità di calore che essi sviluppavano quando venivano bruciati a cielo aperto.
Egli definì questo calore “potere calorico” dei cibi, coniando un sillogismo, del tutto inesatto ,ma che resta ancora oggi radicato nella mente umana: il corpo per le sue attività “brucia calorie”. Se ne assume di più di quelle che brucia, ingrassa. Anche, il chimico americano, commise un errore madornale.Quello di paragonare il corpo umano a una stufa, quindi ad un apparecchio che, attraverso la combustione fornisce calore.
Noi bruciamo qualcosa?
Nel nostro meraviglioso e complesso corpo, però, non avviene alcuna combustione a cielo aperto ma “solo” un’innumerevole sequenza di reazioni bio-chimiche che per essere attivate richiedono un’energia specifica che è alla base della vita: l’Energia Chimica.
Tutte le attività di un organismo e delle sue cellule dipendono da questa meravigliosa energia racchiusa nei legami chimici delle molecole che costituiscono gli alimenti.
L’atto del mangiare una mela, quindi, non attiva un processo di combustione del frutto ma un processo di scissione dei legami chimici che la compongono per crearne di nuovi nel nostro corpo e per ricavare, da questi nuovi legami ,energia meccanica per i muscoli, elettrica per gli impulsi nervosi e termica per scaldare il corpo.
Per questo non ha alcun senso applicare le calorie al nostro corpo. Significa valutare le patate usando il metro invece che il chilogrammo.
D’altra parte, se le calorie fossero davvero un’unità di misura valida per la nostra alimentazione, perché 200 calorie di crema all’inglese ci farebbero ingrassare e 200 calorie di fragole dimagrire?
Le calorie applicate alla nostra alimentazione rappresentano un equivoco gigantesco.
Un equivoco che perdura da 170 anni.
Cosa dobbiamo considerare, allora, per nutrirci bene e non aumentare di peso?
Con “gusto” lo apprenderemo nei prossimi articoli.
Vi aspetto.
Questo articolo è apparso su Avalon Giornale e su Gravità Zero