Autopalpazione: come eseguirla e l’importanza per la diagnosi precoce di tumore al seno

Autopalpazione: come eseguirla e l’importanza per la diagnosi precoce di tumore al seno

Nonostante i grandi passi fatti negli ultimi anni dalla ricerca, il tumore al seno rappresenta ancora, oggi come oggi, la neoplasia che uccide di più le pazienti di sesso femminile. A livello mondiale, una donna su nove, nel corso della vita, si ammala di tumore al seno. Sono in media 12000 le donne che non sopravvivono alla malattia. Per fortuna, esiste la diagnosi precoce, una pratica alla portata di tutte che si basa sull’autopalpazione.

Autopalpazione: come si esegue?

L’autopalpazione del seno è una pratica di autovalutazione delle caratteristiche della mammella. Da eseguire fin dalla giovanissima età – l’ideale sarebbe partire già attorno ai 20 anni – andrebbe effettuata circa una decina di giorni dopo la comparsa del flusso mestruale.

Si tratta di un dettaglio di massima importanza in quanto, così facendo, si evita che il risultato possa essere falsato dai cambiamenti che, per ragioni ormonali, interessano il seno prima, durante e immediatamente dopo la presentazione del flusso mestruale.

Sia in menopausa, sia in gravidanza, l’autopalpazione del seno può essere eseguita in qualunque momento del mese.

Prima fase

Si parte con lo step dell’osservazione. In questa fase, bisogna posizionarsi davanti allo specchio, con le braccia lungo i fianchi. Non bisogna assolutamente allarmarsi qualora si dovesse notare che le mammelle non sono perfettamente uguali.

Si tratta di una cosa normalissima.

Quello che conta è che siano tendenzialmente simmetriche e che non siano presenti né alterazioni della cute, né fossette. Fondamentale è rivolgersi al proprio specialista di fiducia sia quando si notano delle screpolature a livello del capezzolo, sia nei casi in cui, invece, si dovessero riscontrare aree con la pelle a buccia d’arancia.

L’osservazione deve essere eseguita anche tenendo le braccia sollevate sopra la testa e unendo i palmi della mani davanti alla fronte. Così facendo, si favorisce la contrazione dei pettorali, fondamentale per evidenziare eventuali formazioni a livello mammario.

Seconda fase

In questo caso, si deve eseguire la palpazione vera e propria. Ci si posiziona sdraiate, sistemando la mano dietro la nuca e piegando il braccio.

Ecco cosa fare passo dopo passo:

  • Tocca la mammella con l’aiuto di ben tre dita, ossia indice, medio e anulare (utilizza i primi polpastrelli).
  • Sui singoli quadranti di ogni mammella, procedi con movimenti circolari, incrementando la pressione in maniera graduale.
  • A questo punto, con l’aiuto della mano, si eseguono dei movimenti partendo dall’alto e procedendo verso il basso.

L’autopalpazione effettiva del seno prevede anche una parentesi dedicata al monitoraggio del capezzolo.

Cosa bisogna fare? Semplicemente schiacciarlo tra indice e pollice, monitorando l’eventuale espulsione di secrezioni, così come la cromia di queste ultime.

Quando rivolgersi a uno specialista?

Premettendo l’importanza di sottoporsi a esami regolari – prima dei 30 anni, è opportuno eseguire un’ecografia all’anno e dai 40 ai 50 una mammografia a cadenza annuale, facendo possibilmente riferimento alle proposte di screening senologico di centri noti e referenziati come il Cimed di Roma – ricordiamo l’esistenza di alcuni segnali che, nel momento in cui si ravvisa la presenza di una formazione, devono mettere in allarme.

Tra i principali rientrano la durezza e l’immobilità.

Qualora si dovessero riscontrare queste peculiarità, è il caso di rivolgersi a uno specialista che, una volta raccolti i dati anamnestici, effettua l’esame obiettivo del nodulo e, a seconda dell’età della paziente, valuta se procedere con l’ecografia o con la mammografia.

A determinare la scelta dell’esame contribuisce innanzitutto l’età, ma anche l’eventuale familiarità con la neoplasia.

L’esperienza dello specialista è fondamentale anche per decidere se sottoporre o meno la paziente all’ago aspirato, una procedura che si basa sul prelievo di una percentuale ridotta di tessuto mammario, il tutto attraverso un ago ecoguidato.

Il materiale viene inviato in laboratorio, così da procedere al suo esame e all’individuazione della natura del nodulo.

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