
Dismissione e Rimozione dell’impianto fotovoltaico
La dismissione e la rimozione di un impianto fotovoltaico rappresentano una fase cruciale nel ciclo di vita di questa tecnologia, spesso trascurata durante la pianificazione iniziale, ma fondamentale per garantire sostenibilità e conformità normativa.
.
Un impianto fotovoltaico, progettato per convertire l’energia solare in elettricità, ha una durata media di 25-30 anni, anche se fattori come l’usura, l’evoluzione tecnologica o danni strutturali possono anticiparne la fine. Quando giunge il momento di smantellarlo, si apre un processo complesso che coinvolge aspetti tecnici, ambientali ed economici, richiedendo una gestione attenta per minimizzare l’impatto ecologico e massimizzare il recupero dei materiali.
Il primo passo nella dismissione di un impianto fotovoltaico consiste nella valutazione preliminare dello stato dell’installazione.
.
Questa analisi serve a determinare se l’impianto può essere parzialmente riutilizzato, aggiornato con nuove tecnologie o se deve essere completamente rimosso. Spesso, i pannelli più vecchi, basati su silicio cristallino, perdono efficienza nel tempo, rendendo economicamente più conveniente la loro sostituzione rispetto alla manutenzione. Per chi cerca alternative, i pannelli solari e fotovoltaici usati possono rappresentare un’opzione interessante, sia per il riutilizzo che per il mercato secondario. Una volta deciso lo smantellamento, è necessario redigere un piano operativo che tenga conto delle normative locali e nazionali, come il Decreto Legislativo 152/2006 in Italia, che regola la gestione dei rifiuti e impone obblighi specifici per lo smaltimento dei moduli fotovoltaici, classificati come RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).
.
La rimozione fisica dell’impianto inizia con lo scollegamento dalla rete elettrica, un’operazione che richiede personale qualificato per garantire la sicurezza e il rispetto delle norme sugli impianti ad alta tensione. I pannelli vengono poi staccati dalle strutture di supporto, che possono essere montate su tetti, terreni o altre superfici. Questa fase, spesso definita come smontaggio impianti fotovoltaici, richiede attenzione per evitare danni ai materiali, soprattutto se si intende recuperarli. Le strutture metalliche, come i telai in alluminio o acciaio, sono generalmente facili da riciclare, mentre i pannelli stessi presentano una sfida maggiore a causa della loro composizione. Un modulo fotovoltaico tipico contiene silicio, vetro, plastica e piccole quantità di metalli come argento, rame e, in alcuni casi, materiali pericolosi come il piombo o il cadmio, presenti nei pannelli a film sottile.
.
Dopo la rimozione, i componenti devono essere trasportati verso centri di trattamento specializzati. Il trasporto deve avvenire in condizioni sicure per evitare la dispersione di sostanze nocive, un aspetto critico soprattutto per gli impianti di vecchia generazione, che potrebbero contenere materiali oggi considerati obsoleti o tossici. Una volta arrivati a destinazione, i pannelli vengono sottoposti a processi di separazione meccanica e chimica. Il vetro, che costituisce circa il 70-80% del peso di un modulo, può essere frantumato e riutilizzato nell’industria del vetro o come materiale da costruzione. I metalli vengono estratti tramite fusione o processi elettrochimici, mentre le plastiche, spesso più difficili da riciclare a causa della loro degradazione, possono essere destinate a inceneritori per il recupero energetico. Il silicio, cuore tecnologico dei pannelli, può essere purificato e reimmesso nel ciclo produttivo, anche se questo processo è ancora costoso e non sempre conveniente rispetto alla produzione di nuovo silicio.
.
Un aspetto chiave della dismissione è la gestione economica. In Italia, i produttori di pannelli fotovoltaici aderenti a consorzi come il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) o altri enti accreditati sono obbligati a finanziare lo smaltimento dei moduli immessi sul mercato, secondo il principio di responsabilità estesa del produttore. Tuttavia, per gli impianti installati prima del 2012, quando queste normative non erano ancora in vigore, i costi possono ricadere sui proprietari, creando potenziali ostacoli finanziari. Inoltre, il valore residuo dei materiali recuperati raramente copre l’intero costo del processo, rendendo necessaria una pianificazione economica preventiva.
.
Dal punto di vista ambientale, la dismissione offre opportunità ma anche rischi. Riciclare un impianto fotovoltaico riduce la necessità di estrarre nuove materie prime, contribuendo a un’economia circolare. Tuttavia, se non gestita correttamente, la rimozione può generare rifiuti difficili da smaltire, con possibili effetti negativi su suolo e falde acquifere. Per questo motivo, stanno emergendo tecnologie innovative, come il riciclo termico o l’uso di solventi ecocompatibili, che promettono di migliorare l’efficienza del recupero e ridurre l’impatto ambientale.
.
In conclusione, la dismissione e la rimozione di un impianto fotovoltaico non sono semplicemente la fine di un ciclo, ma un’opportunità per integrare la sostenibilità nella filiera dell’energia solare. Un approccio ben pianificato, che combini competenze tecniche, rispetto delle normative e innovazione, è essenziale per trasformare quello che potrebbe essere un problema in una risorsa. Con l’aumento degli impianti installati negli ultimi decenni, questa sfida diventerà sempre più rilevante, richiedendo una collaborazione tra industria, legislatori e comunità per garantire che l’eredità del fotovoltaico sia davvero green.
Social