comuniCAAre: dove i simboli incontrano i segni per costruire opportunità
Il progetto comuniCAAre nasce da esperienze dirette nella presa in carico di bambini con sviluppo neuroatipico. In un bambino il cui canale della comunicazione verbale è inattivo, per tutte le motivazioni possibili che possiamo andare a cercare, non può
essere quello stesso canale, quello privilegiato per avviare e stabilire una relazione con lui. Scegliere il canale verbale come strumento di relazione, pone in partenza il bambino in una condizione di svantaggio nettamente superiore a quanto già non lo
sia. La Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) rappresenta una possibilità per l’avvio e il potenziamento dell’iniziativa comunicativa e dello scambio nella relazione, tuttavia, ad un certo punto, sembrava non bastarci più.
Dopo anni di utilizzo e sperimentazione delle possibilità che crea e genera la CAA, quale strumento di supporto aumentativo e/o alternativo alla comunicazione, sulla base della valutazione iniziale delle esigenze e dei monitoraggi costanti dello sviluppo, di fronte ad alcuni bambini sembrava non poter bastare più. È nato a da qui il progetto comuniCAAre, da un’esigenza, da un bisogno, esattamente come la comunicazione, una necessità. Non bastava più valutare e scegliere il simbolo adatto, il supporto adatto, lo strumento adatto, mancava qualcosa. Mancava la possibilità di avere uno strumento “a portata di mano”, sempre, uno strumento che racchiudesse in sé un potere comunicativo immediato, laddove lo sguardo fosse ancora troppo sfuggente o difficilmente attratto da un’immagine, qualcosa che non fosse possibile dimenticare a casa, a scuola o nell’altra borsa, perché capita di dimenticare i supporti della CAA, capita ma diventa un grande limite. Diversi studi ed esperienze hanno dimostrato che spesso interventi precoci basati su istruzioni vocali possono non bastare in quanto molti bambini continuano a fallire nell’uso della lingua rimanendo in una situazione di svantaggio per il proprio percorso evolutivo.
È stato di fronte al limite che abbiamo cercato la possibilità, sulla base delle nostre competenze e degli anni di esperienza sul campo. Partendo dalle PECS più utilizzate durante il percorso individualizzato educativo professionale, abbiamo identificato i segni LIS che potessero essere compatibili con le esigenze dei bambini che stavamo seguendo, ne abbiamo valutato le caratteristiche e abbiamo fatto la prima selezione per un vocabolario di PECS e segni LIS da poter utilizzare all’interno della nostra struttura per i bambini con deficit della comunicazione e del linguaggio verbale, tenendo ben chiaro che la Comunicazione Aumentativa Alternativa “utilizza tutte le competenze comunicative dell’individuo, includendo le vocalizzazioni o il linguaggio verbale residuo, i gesti, i segni e la comunicazione con ausili” – ASHA 1991.

All’esposizione ai simboli abbiamo abbinato l’esposizione ai segni, senza alcuna richiesta correlata, senza aspettative in termini di tempo. Ci siamo messe in comunicazione con il gruppo di ricerca della Dott.ssa Valentina Colozza, I-SPK Io Se Posso Komunico, intervento di abilitazione al linguaggio, gruppo con il quale abbiamo condiviso pensiero di base, modalità di attuazione, limiti e risorse del nostro campo operativo, che difficilmente ci permette di aderire al protocollo per esigenze legate al nostro tipo di utenza. Abbiamo deciso che la cosa giusta da fare fosse condividere e avviare binari paralleli, la cui stazione di partenza e di arrivo, comprese tutte le stazioni intermedie sono le stesse, in una visione di lavoro di co-costruzione, dove le esperienze di un gruppo sono anche la ricchezza condivisa dell’altro e viceversa. Ci ha tenuti tutti uniti la mission dei nostri progetti, ovvero, dare uno strumento comunicativo e un percorso riabilitativo terapeutico che permetta a bambini e adulti impossibilitati a parlare di poter entrare in relazione con l’altro e comunicare.
Nonostante la letteratura a riguardo rimanga ancora molto ridotta, prima di tutto per la difficoltà nella possibilità di condurre studi standardizzati, motivo per cui, sarà presumibilmente più efficace procedere a studi clinici singoli; testimonianze ed esperienze hanno dimostrato come il linguaggio dei segni abbia rappresentato per bambini non verbali un aiuto concreto per potersi esprimere ed entrare in relazione con il mondo.
Simboli e segni utilizzano il canale visivo e racchiudono in sé un significato. Ciò che è emerso necessario nell’avvio dei bambini al progetto comuniCAAre è stato prima di tutto garantire l’esperienza diretta del significato che si andava esprimendo che fosse con una foto, con un simbolo, con un segno abbinato a foto o simbolo, senza mai tralasciare l’espressione verbale chiara del significato. Il bambino, quindi, durante l’attività riabilitativa è stato esposto a input combinati, visivi e uditivi in cui l’obiettivo iniziale era l’interiorizzazione del concetto espresso e rappresentato da immagini.
Ogni bambino con il suo tempo, ha acquisito un numero di segni e simboli tale da permettergli di avviare, potenziare, ampliare il proprio intento comunicativo e le proprie possibilità di scambio comunicativo. Attualmente il progetto comuniCAAre ha visto coinvolti bambini con Autismo, Disturbo dello Spettro Autistico, Sindrome di Angelman, Sindrome di Down, Disturbo generalizzato dello sviluppo con grave deficit nell’area della comunicazione.
Prima di tutto, pensare per immagini per poter comunicare attraverso le immagini, legare un’esperienza ad un segno affinché le mani possano esprimere un significato, o possano mettermi nelle condizioni di poterlo riconoscere e comprendere co relativa immediatezza il concetto. Non tutti i bambini hanno per caratteristiche personali e motorio prassiche proprie acquisito i segni ai quali sono stati esposti,
alcuni hanno dimostrato di essere agevolati nella comprensione del significato in entrata, se la consegna verbale, viene supportata dal segno e dal simbolo o anche solo dal segno una volta interiorizzato il concetto. Altri hanno iniziato ad utilizzare i segni nelle modalità motorio prassiche a loro più congeniali, in questo caso il loro segno viene assolutamente rispettato, così come viene rispettato l’input corretto del segno o gesto convenzionale che viene proposto. A fronte di ogni evoluzione del bambino sono stati creati supporti visivi relativi al proprio vocabolario PECS/SEGNO-GESTO in modo tale che il percorso potesse essere condivisibile con gli ambienti di appartenenza (casa, scuola, ambienti educativi, famiglie).
Attualmente abbiamo avviato a supporto del percorso individuale dei bambini del progetto comuniCAAre, seminari esperenziali sulla Comunicazione Aumentativa Alternativa nella vita quotidiana, dove genitori, insegnanti, terapisti, parenti del bambino possono apprendere le modalità comunicative acquisite affinchè il canale possa essere quanto più funzionale possibile, con input chiari e costanti e significati non distorti, al fine di ampliare le possibilità di scambio e le reti sociali nelle quali poter crescere.
Ciò in cui crediamo è la possibilità di fornire al bambino una soluzione alternativa alla sua difficoltà, un ponte per poter raggiungere un’abilità che rimanendo su un piano verbale, già in partenza deficitario, rischierebbe di allontanarlo sempre di più dalla possibilità di poter interagire con il mondo, un mondo di cui ne è assolutamente parte integrante.
L’avvio alla Comunicazione Aumentativa Alternativa che prevede di per sé, per propria definizione l’impiego di qualsiasi modalità comunicativa in possesso della persona, al di là del suono di una parola, non preclude a priori lo sviluppo del linguaggio verbale, anzi, nei casi in cui il linguaggio verbale si sviluppa nelle fasi evolutive la CAA è un valido supporto. Tuttavia ciò che rimane fondamentale è
diffondere una cultura che da Aumentativa Alternativa diventi la possibilità di costruire spazi inclusivi. Sarà solo la conoscenza e la voglia di generare ambienti a portata di CAA, che potrà mettere nelle condizioni questi bambini di avere delle opportunità di scambio e di relazione. Fino a quando esisteranno barriere di pensiero, sarà inutile la lotta alle barriere comunicative e architettoniche.
PER APPROFONDIRE
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Dott.ssa Valentina Borella Educatore Professionale
Pedagogista Clinico
Coordinatore referente del progetto comuniCAAre
Libero professionista presso Centro Studi Sinapsi Rovigo
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